Paradiso - canto 10 Image
 10.  1       Guardando nel suo Figlio con l'Amore          
 10.  2    che l'uno e l'altro etternalmente spira,
 10.  3    lo primo e ineffabile Valore

 10.  4       quanto per mente e per loco si gira
 10.  5    con tant'ordine fé, ch'esser non puote
 10.  6    sanza gustar di lui chi ciò rimira.

 10.  7       Leva dunque, lettore, a l'alte rote
 10.  8    meco la vista, dritto a quella parte
 10.  9    dove l'un moto e l'altro si percuote;

 10. 10       e lì comincia a vagheggiar ne l'arte
 10. 11    di quel maestro che dentro a sé l'ama,
 10. 12    tanto che mai da lei l'occhio non parte.

 10. 13       Vedi come da indi si dirama
 10. 14    l'oblico cerchio che i pianeti porta,
 10. 15    per sodisfare al mondo che li chiama.

 10. 16       Che se la strada lor non fosse torta,
 10. 17    molta virtù nel ciel sarebbe in vano,
 10. 18    e quasi ogne potenza qua giù morta;

 10. 19       e se dal dritto più o men lontano
 10. 20    fosse 'l partire, assai sarebbe manco
 10. 21    e giù e sù de l'ordine mondano.

 10. 22       Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
 10. 23    dietro pensando a ciò che si preliba,
 10. 24    s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.

 10. 25       Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
 10. 26    ché a sé torce tutta la mia cura
 10. 27    quella materia ond'io son fatto scriba.

 10. 28       Lo ministro maggior de la natura,
 10. 29    che del valor del ciel lo mondo imprenta
 10. 30    e col suo lume il tempo ne misura,

 10. 31       con quella parte che sù si rammenta
 10. 32    congiunto, si girava per le spire
 10. 33    in che più tosto ognora s'appresenta;

 10. 34       e io era con lui; ma del salire
 10. 35    non m'accors'io, se non com'uom s'accorge,
 10. 36    anzi 'l primo pensier, del suo venire.

 10. 37       E' Beatrice quella che sì scorge
 10. 38    di bene in meglio, sì subitamente
 10. 39    che l'atto suo per tempo non si sporge.

 10. 40       Quant'esser convenia da sé lucente
 10. 41    quel ch'era dentro al sol dov'io entra'mi,
 10. 42    non per color, ma per lume parvente!

 10. 43       Perch'io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
 10. 44    sì nol direi che mai s'imaginasse;
 10. 45    ma creder puossi e di veder si brami.

 10. 46       E se le fantasie nostre son basse
 10. 47    a tanta altezza, non è maraviglia;
 10. 48    ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.

 10. 49       Tal era quivi la quarta famiglia
 10. 50    de l'alto Padre, che sempre la sazia,
 10. 51    mostrando come spira e come figlia.

 10. 52       E Beatrice cominciò: «Ringrazia,
 10. 53    ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
 10. 54    sensibil t'ha levato per sua grazia».

 10. 55       Cor di mortal non fu mai sì digesto
 10. 56    a divozione e a rendersi a Dio
 10. 57    con tutto 'l suo gradir cotanto presto,

 10. 58       come a quelle parole mi fec'io;
 10. 59    e sì tutto 'l mio amore in lui si mise,
 10. 60    che Beatrice eclissò ne l'oblio.

 10. 61       Non le dispiacque; ma sì se ne rise,
 10. 62    che lo splendor de li occhi suoi ridenti
 10. 63    mia mente unita in più cose divise.

 10. 64       Io vidi più folgór vivi e  
 10. 65    far di noi centro e di sé far corona,
 10. 66    più dolci in voce che in vista lucenti:

 10. 67       così cinger la figlia di Latona
 10. 68    vedem talvolta, quando l'aere è pregno,
 10. 69    sì che ritenga il fil che fa la zona.

 10. 70       Ne la corte del cielo, ond'io rivegno,
 10. 71    si trovan molte gioie care e belle
 10. 72    tanto che non si posson trar del regno;

 10. 73       e 'l canto di quei lumi era di quelle;
 10. 74    chi non s'impenna sì che là sù voli,
 10. 75    dal muto aspetti quindi le novelle.

 10. 76       Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
 10. 77    si fuor girati intorno a noi tre volte,
 10. 78    come stelle vicine a' fermi poli,

 10. 79       donne mi parver, non da ballo sciolte,
 10. 80    ma che s'arrestin tacite, ascoltando
 10. 81    fin che le nove note hanno ricolte.

 10. 82       E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando
 10. 83    lo raggio de la grazia, onde s'accende
 10. 84    verace amore e che poi cresce amando,

 10. 85       multiplicato in te tanto resplende,
 10. 86    che ti conduce su per quella scala
 10. 87    u' sanza risalir nessun discende;

 10. 88       qual ti negasse il vin de la sua fiala
 10. 89    per la tua sete, in libertà non fora
 10. 90    se non com'acqua ch'al mar non si cala.

 10. 91       Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
 10. 92    questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
 10. 93    la bella donna ch'al ciel t'avvalora.

 10. 94       Io fui de li agni de la santa greggia
 10. 95    che Domenico mena per cammino
 10. 96    u' ben s'impingua se non si vaneggia.

 10. 97       Questi che m'è a destra più vicino,
 10. 98    frate e maestro fummi, ed esso Alberto
 10. 99    è di Cologna, e io Thomas d'Aquino.

 10.100       Se sì di tutti li altri esser vuo' certo,
 10.101    di retro al mio parlar ten vien col viso
 10.102    girando su per lo beato serto.

 10.103       Quell'altro fiammeggiare esce del riso
 10.104    di Grazian, che l'uno e l'altro foro
 10.105    aiutò sì che piace in paradiso.

 10.106       L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
 10.107    quel Pietro fu che con la poverella
 10.108    offerse a Santa Chiesa suo tesoro.

 10.109       La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
 10.110    spira di tal amor, che tutto 'l mondo
 10.111    là giù ne gola di saper novella:

 10.112       entro v'è l'alta mente u' sì profondo
 10.113    saver fu messo, che, se 'l vero è vero
 10.114    a veder tanto non surse il secondo.

 10.115       Appresso vedi il lume di quel cero
 10.116    che giù in carne più a dentro vide
 10.117    l'angelica natura e 'l ministero.

 10.118       Ne l'altra piccioletta luce ride
 10.119    quello avvocato de' tempi cristiani
 10.120    del cui latino Augustin si provide.

 10.121       Or se tu l'occhio de la mente trani
 10.122    di luce in luce dietro a le mie lode,
 10.123    già de l'ottava con sete rimani.

 10.124       Per vedere ogni ben dentro vi gode
 10.125    l'anima santa che 'l mondo fallace
 10.126    fa manifesto a chi di lei ben ode.

 10.127       Lo corpo ond'ella fu cacciata giace
 10.128    giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
 10.129    e da essilio venne a questa pace.

 10.130       Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
 10.131    d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
 10.132    che a considerar fu più che viro.

 10.133       Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
 10.134    è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
 10.135    gravi a morir li parve venir tardo:

 10.136       essa è la luce etterna di Sigieri,
 10.137    che, leggendo nel Vico de li Strami,
 10.138    silogizzò invidiosi veri».

 10.139       Indi, come orologio che ne chiami
 10.140    ne l'ora che la sposa di Dio surge
 10.141    a mattinar lo sposo perché l'ami,

 10.142       che l'una parte e l'altra tira e urge,
 10.143    tin tin sonando con sì dolce nota,
 10.144    che 'l ben disposto spirto d'amor turge;

 10.145       così vid'io la gloriosa rota
 10.146    muoversi e render voce a voce in tempra
 10.147    e in dolcezza ch'esser non pò nota
 10.148       se non colà dove gioir s'insempra.

Presentato da Luigi Minnaja

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