LA VITA
Dante nacque a Firenze, nel maggio del 1265, durante un breve periodo di predominio
ghibellino, che durò dalla battaglia di Montaperti (1260), alla battaglia di Benevento
(1266), in una città dove invece predominante fu la presenza guelfa.
La sua fu una famiglia guelfa appartenente alla piccola nobiltà; il nome della casata
venne da un Alighiero bisavolo del poeta. La sua adolescenza non fu molto facile: in pochi
anni infatti gli morirono la madre Bella e il padre Alighiero II, tuttavia il giovane ebbe
la possibilità di dedicarsi agli studi presso i frati francescani di Santa Croce, dove
apprese il cosiddetto Trinto (grammatica, logica, retorica) oltre alla pratica delle armi
e all'addestramento negli altri esercizi cavallereschi; frequentò inoltre le scuole
filosofiche dei domenicani di S. Maria Novella.
Tra le figure che influirono sulla sua formazione culturale e politica ricordiamo Brunetto
Latini , notaio e rettore molto colto, a cui Dante rivolgerà nel canto XV dell'Inferno
espressioni di riconoscenza; importante fu anche Guido Cavalcanti, un caro amico al quale
il poeta dedicò la "Vita Nova", libretto giovanile nel quale è cantato l'amore
per Beatrice, forse da identificarsi con la figlia di Folco Portinari andata sposa a
Simone Dei Bardi e morta nel 1290.
Nel 1289 partecipò alla battaglia di Campaldino contro i Ghibellini di Arezzo. Alcuni
anni più tardi, nel 1295, fu resa obbligatoria l'iscrizione a una delle "arti"
o "corporazioni" per chiunque volesse prendere parte alla vita politica e
assumere cariche pubbliche: Dante si iscrisse a quella dei Medici e Speziali; così poté
essere chiamato nei Consigli del Popolo dove più volte si oppose a Papa Bonifazio VIII,
che in seguito alla suddivisione della parte guelfa nelle opposte fazioni dei Bianchi e
dei Neri, voleva per ambizioni personali favorire i Neri. Dante si schierò attivamente e
fermamente con i Bianchi.
Nel 1301, mentre il poeta si trovava a Roma per un' ambasceria, Carlo
di Valois (1 novembre 1301) della casa Reale di Francia, conquistò Firenze dietro
richiesta di Bonifazio e la consegnò ai Neri: furono pronunciate pesanti condanne nei
confronti degli avversari sconfitti.
Dante si trovava ancora fuori da Firenze, quando lo raggiunse l'accusa di baratteria,
cioè esercizio fraudolento dei pubblici uffici. Gli vennero confiscati i beni e fu
condannato a due anni di esilio e al pagamento di una forte ammenda; poiché non si
presentò in città, venne condannato in contumacia all'esilio perpetuo e al rogo se fosse
stato sorpreso in territorio fiorentino: dovette così abbandonare la moglie Gemma Donati,
i tre figli e ogni cosa cara e fu costretto al suo doloroso vagabondaggio. In un primo
momento cercò con un gruppo di altri Fiorentini banditi di tentare l'entrata con le armi
ma poi uscì dal gruppo disgustato.
Andò di corte in corte, a Verona presso gli Scaligeri, in Lunigiana presso i Malaspina.
In seguito alla discesa di Arrigo VII di Lussemburgo (1310) che veniva in Italia per farsi
incoronare imperatore, Dante sperò di vedere risanati tutti i conflitti e i problemi
dell'Italia.
I Fiorentini, che Dante condannò aspramente, si opposero ad Arrigo VII; le sue speranze
svanirono completamente con la morte dell'Imperatore (1313). Gli fu concesso nel 1316 il
ritorno in patria, ma Dante rifiutò sdegnosamente per le condizioni umilianti che gli
erano state imposte. Finì i suoi ultimi anni a Ravenna presso i da Polenta. Morì il 14
settembre 1321.
LE OPERE
La produzione letteraria di Dante appartiene per la maggior parte proprio agli anni
dell'esilio.
La "Divina Commedia", iniziata in esilio forse nel 1304, è il racconto in
prima persona di un viaggio compiuto da Dante all'età di trentacinque anni nei tre regni
dell'oltretomba cristiano. Le due guide principali del poeta in questo viaggio sono
Virgilio (Inferno - Purgatorio) e Beatrice (Paradiso).
Il poema si compone di tre cantiche, l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Ciascuna
cantica comprende trentatré canti, a cui si deve aggiungere il primo canto dell'Inferno
(che quindi ne ha trentaquattro), che funge da introduzione a tutta l'opera. I versi sono
endecasillabi raggruppati in terzine a rima incatenata.
Quest'opera rappresenta una summa di cultura, di valori etici ed estetici del Medio Evo.
Attraverso una visione metaforica di un viaggio nell'oltretomba , il poeta esprime
attraverso una sapiente e ricca regia compositiva motivi politici, storici, teologici e
personali ( vedi la sua posizione nei confronti dell'amata e criticata Firenze).
In questo viaggio verso la perfezione divina, Dante assume il compito di raccontare la sua
esperienza al mondo con la speranza che questo ne tragga insegnamento.
Tra le altre opere troviamo il già citato scritto giovanile, la
"Vita Nova" (1292), composto di liriche alternate a brani in prosa che
raccontano la storia d'amore di Dante per Beatrice e la morte di lei; nel
"libello" (come lo chiama Dante) le vicende vissute sono interpretate
simbolicamente, in chiave stilnovistica: Beatrice infatti viene descritta come creatura
divina e angelica, strumento di elevazione dell'uomo verso Dio.
Il "Convivio" (1306 circa) è un'esposizione enciclopedica del sapere
medioevale, scritta in volgare e non in latino perché doveva rivolgersi a più persone
possibile: misto di prosa e di versi, non fu completata e dei 15 trattati progettati solo
4 ne furono composti.
Le "Rime"comprendono 54 liriche autentiche e 26 di attribuzione più incerta,
composte da Dante durante tutto l'arco della sua vita e ordinate dopo la sua morte. I temi
sono diversi e spaziano dal fantasioso e sognante ("Guido, i' vorrei che tu e Lapo e
io"), al musicale ("Per una ghirlandetta"), dal passionale ("Così nel
mio parlar"), al solenne ("Tre donne intorno al cor"). La diversità di
temi, stile e periodo di composizione permette di seguire l'evoluzione del pensiero e
della poetica di Dante.
Rimase incompiuta anche una grandiosa opera in latino, il "De vulgari
eloquentia", un trattato intorno all'origine e all'essenza del nostro linguaggio.
Dante indica come modello ideale di lingua letteraria, o volgare illustre, una lingua che
prenda i suoi termini da ogni dialetto, nessuno dei quali adatto di per sé all'uso
letterario.
Nel "De Monarchia" espone le sue convinzioni politiche sulla necessità di un
impero universale, unico garante di giustizia e libertà. Affronta inoltre un problema
molto dibattuto ai suoi tempi, cioè quello del rapporto tra le due supreme autorità: il
papa e l'imperatore, le due grandi guide dell'umanità; essi hanno ricevuto direttamente
da Dio la loro autorità e la devono esercitare in due sfere distinte, quella spirituale e
quella temporale, per il conseguimento della felicità celeste e terrena.
Importanti anche le Epistole, soprattutto le tre scritte per la venuta di Arrigo VII. Meno
interessante il trattatello scientifico "Quaestio de aqua et terra";
interessanti anche due Ecloghe in latino dal tono malinconico e speranzoso indirizzate a
Giovanni del Virgilio, umanista bolognese che lo aveva invitato nella sua città per
ricevere l'alloro poetico.
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A cura di Luigi Minnaja